Beni sopravvenuti all’apertura della procedura ed effetto automatico di esdebitazione
La disciplina prevista per la liquidazione giudiziale dall’art. 142, comma 2, del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), secondo cui “sono compresi nella liquidazione giudiziale anche i beni che pervengono al debitore durante la procedura, dedotte le passività incontrate per l'acquisto e la conservazione dei beni medesimi,” trova applicazione anche nella liquidazione controllata. Ciò avviene in virtù di quanto stabilito direttamente dall’art. 268, comma 4, lettera b), CCII, che, a contrario, consente di includere nella procedura minore le quote di stipendi e pensioni eccedenti «quanto occorre al mantenimento» del debitore sovraindebitato e della sua famiglia. Tali prestazioni, rappresentando crediti esigibili periodicamente, rientrano nella logica dell’art. 2740 del codice civile, il quale dispone che «il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri».
L’esdebitazione introduce un duplice vincolo temporale nella gestione dei beni sopravvenuti del debitore. Da un lato, pone un termine massimo entro il quale tali beni possono essere appresi. Dall’altro, in presenza di crediti concorsuali non ancora soddisfatti prima del decorso del triennio, stabilisce indirettamente un termine minimo per la loro acquisizione.
In particolare, qualora il soddisfacimento dei crediti concorsuali e delle spese della procedura richieda l’acquisizione di beni sopravvenuti (inclusi i crediti futuri o non ancora esigibili), i liquidatori, salvo il completo soddisfacimento attraverso la vendita di beni già disponibili o la cessione di crediti futuri, devono predisporre un programma di liquidazione che sfrutti integralmente il periodo antecedente all’esdebitazione. Questo programma deve avere, quindi, una durata non inferiore al triennio.